UniCredito - HVB:
alcune considerazioni per cominciare a riflettere e agire
L’importanza dell’acquisizione da parte di UniCredito del Gruppo HVB è stata più volte sottolineata e da più parti commentata. Essa appare indiscutibile sia per UniCredito sia per il sistema bancario italiano e più in generale per il Paese. L’operazione dimostra infatti che esistono nel Paese forze economiche in grado di reagire, che non si rassegnano al declino, che vedono l’Europa come un’opportunità piuttosto che un rischio. Tutto ciò appare particolarmente significativo se lo confrontiamo con l’incredibile spettacolo andato in scena questi ultimi mesi sulle OPA lanciate da istituti stranieri sull’AntonVeneta e sulla BNL.

UniCredito fa con questa operazione un salto dimensionale di grande rilevanza che lo fa diventare uno dei più grandi gruppi bancari europei con 139.000 dipendenti, 28 milioni di clienti, 7.000 sportelli e una presenza sul mercato di assoluta rilevanza in Italia, Germania, Austria, Polonia, Croazia, Bulgaria e con presenza comunque significative in quasi tutti gli altri Paesi dell’Europa dell’est e in Turchia.

L’operazione, pur avendo solide motivazioni, tuttavia non è esente da rischi per UniCredito e da ricadute sui lavoratori, sulle lavoratrici e sul sindacato del nuovo Gruppo ed è su queste problematiche, in particolare, che è importante per noi riflettere per poi cominciare ad agire.

Le motivazioni che hanno portato UniCredito ad acquisire una banca tedesca si possono riassumere in questi punti:

a) L’impossibilità di crescere in Italia in termini di dimensioni per sostenere la redditività del Gruppo e il valore del titolo. Una crescita nel nostro Paese necessitava invitabilmente l’accordo con un altro gruppo bancario italiano (e al momento nessuno pareva interessato a questa possibilità, anche perché la forza e la capitalizzazione di borsa di UniCredito avrebbero trasformato qualsiasi operazione in una acquisizione di fatto); oltre a richiedere l’approvazione da parte di Banca d’Italia e un quadro di riferimento governativo certo e proiettato verso lo sviluppo economico del Paese. Sappiamo tutti che Governo e B.Italia sono impegnati su vari fronti tranne che su quello di promuovere la crescita economica del Paese. Inoltre, un’eventuale aggregazione con un grande gruppo bancario italiano non avrebbe, in una situazione economica di stagnazione se non di recessione, portato sinergie sul fronte dei ricavi e quindi la crescita della redditività sarebbe stata realizzata solo attraverso il taglio dei costi con riduzioni occupazionali e costi sociali pesantissimi nel nostro Paese.

b) L’aggregazione con la Banca tedesca non crea sovrapposizioni in Italia e fa proseguire UniCredito nella diversificazione geografica delle proprie attività, difendendo così la redditività complessiva del Gruppo e mettendola ai ripari dall’andamento dei cicli economici dei vari Paesi. Diversificazione che era già iniziata con l’acquisizione delle banche dell’est e di Pioneer.

c) L’acquisizione di HVB posiziona il Gruppo nel mercato europeo e renderà possibile ulteriori crescite in futuro. HVB, pur presentando problemi evidenti, opera in un mercato finanziario, quello tedesco, ancora molto frammentato e relativamente ancora poco sviluppato e che quindi presenta possibilità di ulteriore crescita. La banca tedesca controlla inoltre banche di grande interesse in Austria e nei Paesi dell’Est Europa, con grandi possibilità di sviluppo. Tali banche sono state “pagate” a prezzi ormai elevati mentre le attività tedesche presente ampi margini di incremento nella redditività.

Tutto ciò evidentemente, nelle intenzioni del Gruppo, dovrebbe portare alla crescita del valore del titolo.

d) L’operazione tiene unito il management del Gruppo e gli dà nuove motivazioni. Come noto nell’ultimo periodo erano usciti da UniCredito managers importanti di diverse strutture del Gruppo.

I rischi per UniCredito:

1) Intanto l’operazione non può dirsi, allo stato, ancora conclusa. Le OPS sulle azioni HVB e Bank of Austria sono state autorizzate dalle autorità tedesche e austriache, ma l’OPS sulla banca polacca deve essere ancora autorizzata (pare che le autorità polacche siano giustamente preoccupate delle ricadute occupazionali) e, come ovvio, soltanto alla scadenza delle OPS, prevista per ottobre (salvo proroghe) si potrà effettivamente sapere se gli azionisti avranno consegnato i loro titoli, alle OPS. Inoltre, come noto, gli azionisti della banca austriaca e quelli della banca polacca potranno scegliere, al momento dell’adesione tra un pagamento in contanti dei loro titoli ovvero accettare il concambio con azioni UniCredito. Allo stato, vista la quotazione del titolo UniCredito, il concambio risulta decisamente più favorevole rispetto all’offerta per contanti (peraltro già alzata rispetto al valore offerto a giugno). E’ evidente che qualora gli azionisti delle due banche dovessero optare per i contanti UniCredito dovrebbe fare fronte ad un esborso finanziario di notevole entità. Infine non si può escludere, ipotesi allo stato piuttosto remota, il lancio di offerte concorrenti da parte di altri operatori internazionali.

2) L’operazione renderà comunque necessari interventi per rafforzare patrimonialmente UniCredito. Ciò, sembra potrà avvenire, vista l’esclusione di aumenti di capitale, attraverso l’emissione di prestiti subordinati ovvero la cessione di crediti o di attività e partecipazioni che il gruppo definisce non strategiche. Sono evidenti le ricadute sindacali nel caso fossero cedute attività a cui siano addetti anche dipendenti del Gruppo come nel caso di Banca Depositaria.

Inoltre UniCredito dovrà fronteggiare nell’immediato una riduzione della redditività complessiva dovuta, in particolare, dalla minore redditività delle attività tedesche. UniCredito ha già garantito agli azionisti che comunque il dividendo non verrà tagliato, con notevoli vantaggi in particolare per gli azionisti tedeschi visto che HVB ha chiuso il bilancio 2004 con una perdita di circa due miliardi di euro. Finora non è stato chiarito come la conferma del dividendo possa avvenire in presenza di una possibile riduzione nell’immediato della redditività del nuovo Gruppo.


3) La banca tedesca, nonostante le redditizie partecipazioni in Bank of Austria e nelle banche dell’est Europa, risulta gravata da una struttura dei costi piuttosto alta e da un portafoglio crediti, in particolare mutui, problematico. Tutto questo, nonostante siano già stati avviati in HVB processi di ristrutturazione con consistenti riduzioni del personale e malgrado, la notevole “pulizia” nel portafoglio crediti effettuata nel bilancio 2004 (con rilevanti svalutazioni e accantonamenti che hanno per l’appunto portato alla perdita citata ma anche a benefici fiscali ancora da contabilizzare).

4) L’integrazione dei due gruppi sarà un percorso non facile, costoso (1.350 milioni di euro interamente spesati nel 2005) e comunque non breve. La struttura di governo del nuovo gruppo è già stata definita e sono già state individuate le persone che ricopriranno le responsabilità di vertice e ciò favorirà certamente i processi decisionali. Tuttavia la dimensione del nuovo gruppo, la sua articolazione territoriale, la complessità delle strutture coinvolte renderanno comunque difficile l’integrazione e la realizzazione delle sinergie, in particolare quelle sui costi. Inoltre è legittimo chiedersi se il gruppo dirigente dei due istituti, senza l’innesto di elementi esterni, sia in grado di assolvere in maniera adeguata al compito assegnato. Da questo punto di vista è molto importante l’instaurazione di un clima di fiducia e di collaborazione tra le persone e le strutture dei due Gruppi.

In UniCredito c’è ottimismo su questo aspetto; del resto l’offerta presentata come “amichevole”, è stata regolata da un apposito accordo (BCA) e poi approvata ampiamente sia dal CDA sia dal Consiglio di Sorveglianza della banca tedesca. Anche i sindacati tedeschi (rappresentati nel Consiglio di Sorveglianza) hanno dato il loro consenso all’operazione.

In ogni caso sembra di capire che, all’interno di HVB, fosse piuttosto diffusa la consapevolezza che da sola la banca non sarebbe riuscita a risollevarsi e probabilmente l’acquisizione da parte di UniCredito presentava migliori garanzie, anche di natura sociale, rispetto ad un’ipotesi di acquisizione da parte di una banca inglese o da parte di un’altra banca tedesca. Occorrerà verificare se analoghi atteggiamenti di consenso verranno tenuti dal management delle banche controllate da HVB e in particolare di Bank of Austria.

In ogni caso l’aggregazione tra UniCredito e HVB è la prima che si fa in Europa con questo livello di complessità (basti pensare al numero di realtà produttive presenti in diversi Paesi del continente). Altre operazioni avevano più la caratteristica di pure e semplici acquisizioni come, da ultimo l’operazione dello spagnolo Santander sull’inglese Abbey. E’ chiaro quindi che non ci sono modelli sperimentati e vista la complessità dei problemi il rischio che “qualcosa non funzioni” è ovviamente possibile.

Le “sinergie”


Le sinergie previste (pari a circa 1.000 milioni euro annui a regime) saranno quasi esclusivamente (90% del totale) sul terreno dei costi e saranno realizzate, in particolare, esportando, il modello organizzativo italiano in Germania e in Austria e fondendo le banche del nuovo gruppo nei paesi dell’est Europa. Le ricadute occupazionali previste sono mediamente del 7% in tre anni con una riduzione del 9% degli occupati nei paesi dell’est, del 7% in Austria e Germania e del 2% in Italia.

In Italia la riduzione occupazionale dovrebbe concentrarsi essenzialmente nelle strutture centrali di investement banking (UBM) e asset management (Pioneer) mentre le strutture delle banche di segmento italiane non dovrebbero subire particolari conseguenze dalla nuova aggregazione. Per quanto riguarda l’Italia UniCredito proseguirà comunque nella realizzazione del piano industriale 2005/2007.

Un ruolo importante nella realizzazione delle sinergie è previsto per la divisione Global Banking Services dove verranno concentrate tutte le attività di supporto alle strutture commerciali. In questo contesto grandi risparmi sono previsti nell’information technology con l’utilizzo di un’unica piattaforma informatica già esistente (probabilmente quella di USI) e l’unificazione delle attività di back office delle due banche. In Italia l’accentramento di tutte le attività di supporto ha consentito un forte risparmio sui costi. L’esportazione di tale modello nelle banche dell’est Europa (processo già in corso) consentirà altrettanti risparmi ma è possibile che analoghi modelli organizzativi siano già presenti in Austria e Germania e, di conseguenza, non vi siano grandi margini per ulteriori efficientamenti.

E’ quindi probabile che USI e UPA accentueranno la loro dimensione internazionale con il rafforzamento delle strutture già esistenti (UPA Romania) e la creazione di strutture ex novo negli altri paesi europei in particolare dell’est. Si creeranno quindi “fabbriche” multinazionali di prodotti e servizi.

Le sinergie da ricavi si realizzeranno essenzialmente nell’asset management con lo possibilità di svilupparsi su nuovi mercati e l’unificazione dei prezzi e nel corporate e small business con la possibilità di servire meglio e con nuovi prodotti sia la grande impresa internazionale che le piccole e medie imprese.

La struttura organizzativa del nuovo Gruppo dovrebbe riflettere quella per divisioni presente in Italia ma HVB e Bank of Austria manterranno la loro unicità societaria attuando la divisionalizzazione per segmenti delle attività bancarie. E’ infatti prevista la possibilità che anche queste due aziende, in futuro, possano essere ristrutturate secondo il modello S3.

Le attività dell’est europa verranno concentrate in un'unica divisione che sarà messa alle dipendenze di Bank of Austria.

La materia delle sinergie sarà approfondita con la definizione del piano industriale del nuovo Gruppo che sarà ovviamente approntato solo dopo la conclusione delle OPS.


Le ricadute sui lavoratori e sulle lavoratrici e nuovi compiti del sindacato.

1) La prima riflessione che occorre sviluppare è che con l’aggregazione con HVB, UniCredito cambia notevolmente la propria fisionomia e questo potrà avere anche conseguenze (non positive) sui modelli di gestione del personale e sulle relazioni industriali e sindacali.

Con questa operazione UniCredito avrà i due terzi delle sue attività all’estero, avrà una redditività che nell’immediato scenderà e che quindi dovrà ricostruire e una struttura azionaria diversa dall’attuale con un “flottante” molto consistente (oltre il 70%) e una presenza rilevante di azionisti esteri. Il principale azionista con il 6,3% diventa il gigante riassicurativo tedesco Munich RE mentre le fondazioni italiane vedranno diluire il loro peso nella compagine azionaria. Cambieranno anche i managers (molti saranno stranieri) e arriveranno in posizioni di notevole responsabilità manager che hanno esperienze internazionali di lavoro e differente cultura imprenditoriale.

In questa situazione è prevedibile che sempre maggiore enfasi verrà data alla redditività ed è giusto chiedersi se UniCredito vorrà mantenere invariati i modelli gestionali e di relazione con il personale e il sindacato che vengono praticati in Italia. Anche se la complessità dei problemi da affrontare dovrebbe indurre UniCredito a non cercare scontri con un sindacato la cui forza, anche nel nuovo gruppo, non è da sottovalutare.

Il modello di relazioni industriali di UniCredito, che abbiamo conosciuto in questi anni e che ha permesso di gestire le ristrutturazioni in Italia senza pesanti costi sociali, potrebbe non essere più mantenuto nella nuova situazione: alcuni segnali preoccupanti in questa direzione sono arrivati, vedi l’ipotizzata cessione di Banca Depositaria.

Noi, ovviamente, auspichiamo e lavoriamo affinché ciò non accada.

Una risposta a questo interrogativo potrà venire solo in futuro ma occorre prepararsi a fronteggiare anche situazioni diverse da quelle conosciute in passato.


2) UniCredito pare disponibile, nel caso fosse necessario rafforzare il patrimonio del nuovo Gruppo anche a cessioni di attività considerate non strategiche. Questa necessità potrebbe rafforzarsi con nuove motivazioni qualora, al fine di sostenere la reddività, il gruppo decidesse di cedere attività che considera poco redditizie e che conviene utilizzare in outsourcing. E’ il caso oggi di Banca Depositaria ma domani potrebbero essere altre attività. Sono evidenti i problemi sindacali che ciò determinerebbe. In questi anni il perimetro del gruppo non si è mai ridotto (anzi sono entrate le attivita della ING, di OnBanca e di Abbey) e ciò ha consentito una notevole mobilità infragruppo sia di attività che di dipendenti sia sulla base di accordi sindacali che di intese individuali.

La perdita della certezza del perimetro del Gruppo e quindi la possibile uscita di attività e lavoratori, determina uno scenario del tutto nuovo con chiare conseguenze destabilizzanti nel rapporto con i dipendenti e nelle relazioni sindacali. Uno scenario da contrastare.


3) Per quanto riguarda la riduzione del personale in Italia è prevista del 2% in tre anni (pari a circa 800 persone), che si aggiunge a quella prevista dall’attuale piano industriale. Tale riduzione si presenta gestibile con il normale turn over e inoltre è concentrata in strutture (asset management, investment banking) che non sono state particolarmente toccate dal piano industriale in corso. E’ evidente che la situazione sarebbe stata ben diversa qualora l’aggregazione fosse stata con qualsiasi altro gruppo bancario italiano.

Ben più pesante appare la riduzione del personale in Germania e nei paesi dell’est Europa. Vista l’approvazione dell’operazione da parte del Consiglio di sorveglianza di HVB (dove siedono anche i rappresentanti dei dipendenti) e dei sindacati tedeschi, è possibile che UniCredito abbia dato degli affidamenti sulla gestione degli esuberi tedeschi. La situazione appare ancora diversa nei Paesi dell’Est Europa e in particolare in Polonia dove la fusione tra due banche di grandi dimensioni quali la banca Pekao e la BPH determinerà rilevanti esuberi in un Paese con alti livelli di disoccupazione e deboli livelli di protezione sociale.

Le Organizzazioni Sindacali dei Paesi dell’Est Europa con cui siamo in contatto hanno espresso grande timore e preoccupazione; ciò significa che potremmo trovarci, nell’affrontare insieme i problemi derivanti dall’aggregazione, di fronte a richieste non solo di generica solidarietà, ma anche a richieste di costituire nei loro paesi strutture produttive che servano l’intero gruppo e questo allo scopo di difendere i livelli occupazionali. Il problema quindi di Upa Romania rischia quindi di allargarsi ulteriormente con evidenti contraddizioni e difficili conflitti di interessi da gestire (sono di questi settimane le notizie della costituzione di una filiale di UPA anche a Praga dove verranno accentrate le attività di back office della banca ceca e di un polo USI in Polonia per la gestione del portale).



4) Il sindacato sarà comunque chiamato ad affrontare la nuova dimensione internazionale del gruppo, costruendo un sistema di relazioni industriali a quel livello e un interlocutore legittimato a discutere con UniCredito di questi problemi.

L’unico interlocutore legittimato dalla legislazione europea ed italiana è il CAE (Comitato Aziendale Europeo) o EWC la cui costruzione appare non semplice. Dovremo confrontarci con organizzazioni sindacali con tradizioni, culture, lingue diverse dalla nostra. Non sarà facile anche a causa della frammentazione del sindacato italiano e la presenza di più tavoli di negoziazione (elemento non presente negli altri paesi e di difficile comprensione da parte dei sindacati degli altri paesi oltrechè dall’organizzazione dei sindacati europeo del settore (UNI Finance) che sovrintende alla definizione del CAE e ciò evidentemente ne rende più difficile il percorso di costruzione.

La costruzione del CAE è comunque indispensabile anche se, occorre ricordarlo, i suoi poteri non sono negoziali, ma solo informativi e di consultazione.

A questo proposito occorre comunque tener conto che i sindacati tedeschi e austriaci godono di una legislazione di sostegno particolarmente forte (sono infatti presenti nei Consigli di Sorveglianza di HVB e Bank of Austria) ma la loro rappresentatività tra i dipendenti dovrebbe essere inferiore a quella italiana dove il tasso di sindacalizzazione dei dipendenti di UniCredito è pari al 70%. Situazione ancora diversa nei paesi dell’est Europa dove la sindacalizzazione è più bassa e i sindacati stanno lavorando intensamente per allargare la loro presenza.

Una situazione quindi complessa che non ci impedirà di lavorare insieme ai sindacati degli altri paesi nel comune intento di costruire strutture sindacali rappresentative di tutti i lavoratori del Gruppo e in grado di interloquire con forza e serietà con UniCredito. In ogni caso i contatti sono già iniziati e la Fisac (sia quella di gruppo che nazionale) sta lavorando con determinazione in questa direzione.


5) I temi che il sindacato europeo del nuovo Gruppo e quindi il CAE dovranno affrontare sono essenzialmente due:

a) Il piano industriale che UniCredito e HVB dovranno presentare prossimamente, le riorganizzazioni previste e le loro conseguenze sul piano sociale. Conseguenze che in alcuni Paesi potranno anche essere pesanti.

Il nuovo sindacato aziendale dovrà dotarsi di una comune visione del problema e delle azioni da intraprendere e definire, quindi, un approccio globale e non solo nazionale dei problemi e della “divisione internazionale del lavoro” nel nuovo Gruppo.

b) Costruire, promuovere e negoziare con UniCredito la crescita dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici del nuovo Gruppo, in particolare dove essi sono più deboli (Est Europa).

E’ evidente che ogni paese ha una propria legislazione del lavoro, dei contratti e accordi nonché specificità e tradizioni sindacali e queste andranno rispettate. Ma un quadro generale di normative, trattamenti, diritti, di buone prassi andrà previsto tenendo conto della legislazione europea in materia di lavoro che, come purtroppo previsto dai trattati di adesione alla UE, non troverà applicazione nei paesi dell’Est Europa ancora per diversi anni.

UniCredito andrà quindi richiamato alla coerenza nell’impegno nella responsabilità sociale d’impresa (Corporate Social Responsability) che, per noi, non si può fermare ai confini dell’Italia, della Germania o dell’Austria.

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