Non solo SmartWorking, nel mondo post-covid torna in auge un tema forse meno innovativo del lavoro da remoto ma altrettanto dirompente, quello della settimana corta di 4 giorni a parità di salario. È interessante vedere le prese di posizione in tal senso, a livello politico, della rappresentanza sindacale e delle imprese.
LA POLITICA
La premier neozelandese Jacinda Adern aveva caldeggiato questa soluzione già alcuni mesi fa: “Il Covid e lo smart working hanno cambiato la percezione di molti datori di lavoro sulla produttività dei dipendenti. Inoltre una giornata libera in più ogni sette garantisce maggior equilibrio tra vita privata e professione e favorisce il turismo interno in un periodo in cui le frontiere sono chiuse”.
Anche l’ex primo ministro russo Dimitri Medvedev ne ha sostenuto la validità.
Da notare che si tratta di due personaggi con storia e collocazione politica decisamente diversa, ma in questo caso accomunati dallo stesso giudizio.
IL SINDACATO
In Germania il sindacato Ig-Metall ha suggerito di applicare la norma al settore metallurgico per prevenire il rischio di licenziamenti legato alla pandemia.
In Italia la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario come strumento per affrontare la crisi è il tema al centro di un incontro che è stato promosso dalla Fisac Cgil a Roma (https://www.collettiva.it/copertine/lavoro/2020/09/28/news/lavorare_meno_lavorare_tutti-290282/)
LE AZIENDE
Unilever, il colosso del largo consumo, sperimenterà nella sua filiale in Nuova Zelanda la “settimana corta” per 12 mesi su una platea di 81 dipendenti, a cui sarà concesso il venerdì libero senza tagli in busta paga e mantenendo l’orario di 8 ore al giorno.
Perpetual, un’azienda immobiliare, ha accorciato da 37,5 a 30 ore alla settimana – a parità di stipendio – l’orario dei sui 240 dipendenti. Secondo l’Università di Auckland dopo 12 mesi, l’impegno, la produttività e le capacità di leadership e di autogestione del personale sono aumentati del 30% circa, mentre lo stress è calato dal 45% al 38%. La società non è perciò tornata sui suoi passi.
Altro caso di successo quello di Microsoft in Giappone: il 92% dei lavoratori si è detto soddisfatto della novità, non sono emersi cali di produttività, ed è stato quantificato un risparmio del 23% sui consumi elettrici.
FONTE, salvo ove diversamente indicato, LaRepubblica del 2 dicembre 2020