La Commissione Nazionale sulle politiche commerciali si è riunita il 29 ottobre scorso: è un organismo istituito dal Protocollo del 22 aprile 2016 con lo scopo di monitorarne, insieme all’azienda, l’applicazione, approfondire le linee guida delle politiche commerciali e valutare i fenomeni di carattere generale non coerenti con il sistema di valori e le indicazioni contenute nel protocollo stesso.
Oltre ai rappresentanti aziendali della commissione facenti parte della struttura HR, all’incontro era presente Luca Mariani, Responsabile Individual Sales, in rappresentanza del business.
L’incontro è stato aperto da una disamina, da parte nostra, dello stato dell’arte circa l’applicazione dell’accordo. Abbiamo dimostrato, articolo per articolo e alla luce dei comportamenti rilevati su tutto il territorio nazionale, come, nei fatti, tale accordo, che noi continuiamo a considerare importante al fine di un miglioramento del clima aziendale, venga completamente disatteso, e manifestato, pertanto, la nostra totale insoddisfazione.
Già a partire dalle premesse dell’accordo sono evidenti le inadempienze dell’azienda che non garantisce un’organizzazione del lavoro che consenta ai colleghi e alle colleghe di fornire un’adeguata consulenza alla clientela e la corretta centralità delle esigenze del cliente. L’attuale organizzazione del lavoro, come già denunciato in altri tavoli aziendali e di gruppo, non risponde alle previsioni dell’art. 2 del Protocollo, laddove è previsto che ogni azione commerciale debba essere orientata al rispetto delle persone attraverso la ricerca di modalità di lavoro coerenti con i principi tanto dell’accordo quanto della dichiarazione congiunta approvata nel CAE.
Abbiamo evidenziato come tanto la definizione degli obiettivi (art. 3) che il conseguente monitoraggio (art. 4), a quasi tre anni dalla firma dell’accordo, non vengano applicati, dal momento che:
–> Gli obiettivi non sono assegnati nel rispetto delle specificità dei territori e dei mercati, ma semplicemente calati dall’altro;
–> I relativi monitoraggi vanno ben al di là delle necessità di pianificazione commerciale, fondamentale per il conseguimento degli obiettivi: non solo le procedure, di cui l’azienda in piena autonomia si è dotata, non vengono pienamente rispettate e utilizzate (DOP, SIGE), ma spesso i messaggi che accompagnano la cosiddetta pianificazione non sono rispettosi della Compliance e si concentrano su obiettivi (MOL) per i quali non è lecito chiedere una previsione futura certa. Per non parlare delle “campagne prodotto” o di scontistiche più o meno lecite concesse pur di “piazzare” i prodotti.
–> Viene chiesto in modo martellante l’auto dichiarato previsionale, con un orizzonte di 24 ore o settimanale: lo si spaccia per necessità di “Pianificazione”, mentre si tratta di una vera e propria pressione commerciale.
–> Non si contano le pressioni di vendita del prodotto più redditizio per l’azienda, con il rischio di non tenere nella dovuta considerazione le reali necessità del cliente.
–> Continuano le giornate-prodotto, nel corso delle quali a colleghi e colleghe è richiesto di concentrarsi sulla vendita di un unico prodotto: quanto, queste richieste, mettono a rischio il rispetto della compliance?
Tornando, nello specifico, a DOP, quello che, a parole, l’azienda riconosce come “unico strumento di rilevazione e monitoraggio”, abbiamo denunciato:
–> L’utilizzo di file Excel con i quali, ancora oggi, si continuano a richiedere i risultati della giornata lavorativa, anche più volte al giorno;
–> Il paradossale utilizzo delle tabelle di Dop della settimana precedente come pressione e per predisporre classifiche e competizioni;
La richiesta di esitare i contatti effettuati, e non le consulenze chiuse, rappresenta in questo momento, secondo quanto dichiarato dall’azienda, l’assoluta priorità.
Se così è, perché si continuano a chiedere più volte al giorno i risultati, con i flash, i file Excel, le chat e le telefonate se non per esercitare, appunto, indebite e dannose pressioni commerciali?
Abbiamo denunciato le continue Lynch organizzate da AM e VAM a qualsiasi orario, le numerose riunioni programmate in pausa pranzo o a partire dalle 16.00, in contrasto con quanto concordato nell’art. 5 e non rispettose delle previsioni del CCNL.
Per non parlare del numero impressionante di mail/WhatsApp/chat che colleghe e colleghi ricevono giornalmente, anche di domenica e durante il periodo di ferie.
Non ci risulta, inoltre, sia mai stata attivata la possibilità, prevista nel Protocollo del 22 aprile 2016, di chiusura anticipata degli sportelli per lo svolgimento di incontri di orientamento commerciale.
Tutti questi elementi, combinati con una cronica disorganizzazione, non possono che avere effetti negativi in termini di benessere nei luoghi di lavoro e quindi incidere negativamente sullo stress da lavoro correlato (art. 6), facendo aumentare i casi di colleghi e colleghe che denunciano malesseri. Tutto ciò a discapito, paradossalmente, dello stesso raggiungimento degli obiettivi commerciali che l’azienda assegna.
Non va certo meglio sul fronte della formazione (art. 7), rispetto alla quale avevamo condiviso la necessità di un forte impegno congiunto per diffondere quella cultura di buone pratiche commerciali e di crescita delle competenze relazionali, indispensabili a garantire la corretta applicazione di tale accordo. Purtroppo, anche su questo fronte abbiamo registrato l’inefficacia della formazione manageriale sul tema, voluta e definita dall’azienda, considerata la generalità di segnalazioni di comportamenti non in linea con l’accordo che si registrano in tutte le Region. Così come, ancora una volta, dobbiamo denunciare la scarsa attenzione dei responsabili ai vari livelli a una corretta programmazione della formazione, indispensabile per gestire al meglio le normative e il corretto rapporto con la clientela, anche questo in violazione di un accordo firmato in azienda nel 2015.
Abbiamo, inoltre, evidenziato le difficoltà nel reperire la normativa, inserita a portale in modo molto frammentario, e chiesto di meglio organizzare e semplificare il percorso di consultazione della stessa, oggi particolarmente farraginoso.
In questi due anni e mezzo di vigenza del Protocollo, ostinatamente, come OO.SS. abbiamo attivato i tavoli di verifica previsti (art. 8), come gli osservatori regionali, nei quali numerosissime sono state le segnalazioni di comportamenti non consoni. Purtroppo quasi ovunque abbiamo registrato un atteggiamento aziendale non costruttivo, salvo rarissimi casi in cui è emersa una reale volontà d’intervento per risolvere i problemi segnalati.
Alla richiesta, da noi avanzata all’azienda, di mettere in campo interventi incisivi per orientare le politiche commerciali in modo coerente rispetto alle previsioni contenute negli accordi, sia aziendale che nazionale, in tema di politiche commerciali e qualità del lavoro, al fine di contrastare le violazioni che costantemente registriamo nella rete commerciale e che abbiamo denunciato e continuiamo a denunciare a più livelli, abbiamo ottenuto un secco rifiuto. A questo punto abbiamo dichiarato l’intenzione di attivare la Commissione nazionale bilaterale sulle politiche commerciali istituita in ABI, a cui segnaleremo le inadempienze di UniCredit.
Certamente i dipendenti di quest’azienda sono chiamati a rispettare le indicazioni e, quanto più possibile, raggiungere gli obiettivi indicati dall’azienda, ma UniCredit, i suoi manager, e solo a loro, sono tenuti a garantire a tutto il personale un’organizzazione del lavoro che consenta il raggiungimento di questi obiettivi nel pieno rispetto delle policy aziendali, delle normative e della legge.
Non può essere che “chi deve fare” sia anche responsabile di come organizzare il fare.
5 Novembre 2018
Fabi First/Cisl Fisac/Cgil Uilca Unisin
Segreterie di Coordinamento UniCredit
SpA