Un piano strategico da respingere

Il giudizio della Fisac/Cgil e delle altre Organizzazioni Sindacali sul Piano Strategico 2018 è fortemente negativo.

I risultati di bilancio
I risultati di bilancio del Gruppo destano forti preoccupazioni nonostante le rassicurazioni dell’Amministratore Delegato che ha presentato il risultato negativo come una scelta di pulizia e trasparenza nei confronti del mercato. I 14 Miliardi di perdite dell’intero Gruppo sono una cifra impressionante per la loro dimensione e chiamano in causa le pesanti responsabilità di quel top management rimasto pressoché inalterato nel tempo.
Le rettifiche di valore degli avviamenti e le pesanti rettifiche sui crediti sono il frutto di errate politiche di acquisizione e di erogazione del credito le quali sono interamente ascrivibili alle responsabilità del management.
Nonostante questi disastrosi risultati è stata decisa la distribuzione del
dividendo agli azionisti a fronte dei pesanti sacrifici richiesti al Personale, cosa che noi contestiamo fermamente.
Così come denunciamo gli
esosi compensi del management, la distribuzione di bonus discrezionali sganciati da qualsiasi logica e la riproposizione di sistemi incentivanti iniqui e opachi.

Le attività italiane
L’analisi dell’andamento delle attività ordinarie italiane evidenzia: un incremento dello 0,3 dei ricavi in controtendenza rispetto agli ultimi anni e rispetto alle altre banche concorrenti; una riduzione dei costi del 5,3%; una riduzione del 3% del rapporto costi/ricavi (dal 58% al 55%) e un incremento del margine operativo dell’ 8,3%. Sono diminuiti: gli addetti e il costo medio pro capite, mentre sono aumentati da 218.000 a 224.000 i proventi operativi per addetto. Tutto ciò evidenzia che l’apporto del fattore lavoro, di tutti noi, è stato indubitabilmente consistente; è nostra intenzione fare in modo che si tenga conto di ciò ai fini del riconoscimento del Premio Aziendale.
Tutti gli incrementi di produttività dell’attività commerciale della banca perimetro Italia sono stati vanificati dalle rettifiche su credito che ammontano a quasi 10 miliardi.

Il Piano Strategico 2018
Il Piano Strategico non evidenzia elementi che prefigurino un “nuovo modello di banca” a sostegno dell’economia del Paese e delle famiglie. In un Paese che presenta una disoccupazione oltre il 13% non è eticamente e socialmente accettabile “l’obiettivo immagine” di portare la redditività dall’attuale 2% al 13%, a vantaggio degli azionisti e sacrificando chi lavora.
Si pone un
problema di credibilità del Piano che ci è stato presentato come in continuità con quello che lo ha preceduto il quale, a fronte di una previsione di utile netto di 3,8 miliardi a fine 2013, realizza, di contro, una perdita di 14 Miliardi!
I Piani si susseguono e si accavallano riproponendo gli stessi argomenti e le stesse motivazioni, le riorganizzazioni si susseguono e si contraddicono senza mai una reale verifica concreta di ciò che ha funzionato e cosa no. E’ giunto il momento di
fare una verifica rigorosa e un controllo puntuale di quanto ci viene prospettato.
Non vi è dubbio che, anche questa volta, gli obiettivi di crescita e di incremento dei ricavi siano
molto ambiziosi; sono già stati calati sulla rete, ormai stremata, accompagnati da insostenibili, intollerabili e demotivanti pressioni commerciali, che contribuiscono ad appesantire ulteriormente un clima già deteriorato. Non si realizza così la tanto decantata volontà di coinvolgimento del Personale.

I costi
L’unica variabile dipendente, realmente verificabile e perseguita tenacemente, è la riduzione dei costi, quelli del personale in primo luogo. Dovremo verificare cosa è stato fatto in questi anni per ridurre i costi diversi rispetto a quelli del personale: immobili, top management, consulenze, benefit e sprechi vari. Anche i processi organizzativi andranno attentamente controllati e verificati,in particolare l’integrazione dei vari canali di vendita e il progetto di riorganizzazione della rete (RUN).
Dall’analisi del risparmio dei costi atteso, emerge che è la rete la struttura dalla quale si attende il maggior
risparmio di personale con una riduzione di 4.500 persone (sui 5.100 esuberi previsti e ancora da realizzare). Restano pressoché inalterati i numeri delle strutture centrali, forse perché il prestigio di un dirigente si misura sul numero di persone alle proprie dipendenze.
Un ulteriore elemento critico è determinato dal fatto che la riorganizzazione della rete possa preludere ad un abbandono del presidio dei territori e delle fasce basse della clientela, in particolare al Sud, dove lo sviluppo dei canali alternativi e il processo di “digitalizzazione” è in fase meno avanzata, ciò determinerebbe un’erosione delle quote di mercato.
L’intero Piano, a fronte delle uscite,
non prevede nuove assunzioni e, già a partire dal primo gennaio 2014, ci è stata comunicata, provocatoriamente, la decisione di applicare ai neo assunti le sole previsioni del Contratto Nazionale contravvenendo alle prassi in essere nel Gruppo applicate a tutto il Personale.

La ventilata cessione di quote di UCCMB
Un ulteriore elemento di forte contrarietà è rappresentato dalla decisione di cedere al miglior offerente quello che era considerato un gioiello di famiglia: UniCredit Credit Management (UCCMB), la società di recupero crediti del gruppo, la quale, se ben gestita, potrebbe continuare ad assicurare un contributo importante all’interno del Gruppo. Contro tale cessione e contro la riorganizzazione in corso è stato indetto uno sciopero del Lavoratori/trici di questa società il 9 maggio cui va il sostegno convinto e la solidarietà di tutti i dipendenti del Gruppo.

Le conseguenze per i Lavoratori/trici
L’Azienda prevede di realizzare entro il 2018 7.286 efficientamenti di cui 2.215 riconversioni verso nuove attività dentro il gruppo e 5.071 esuberi dei quali 2.383 rivenienti dal piano precedente e 2.688 da quello nuovo.
Il Piano 2011/2015 prevedeva 3.300 uscite per pensionamento di cui 505 già realizzate in base agli accordi sottoscritti; gli ulteriori 411 aderenti ai citati accordi usciranno: 220 nel 2014 e 191 nel 2015.
Le 2.383 potenziali uscite, non realizzate per effetto della riforma pensionistica Fornero, saranno distribuite tempo per tempo tra coloro che matureranno il primo requisito utile per avere il diritto alla pensione in base alle normative attualmente vigenti e precisamente:
=> 258 nel 2016;
=> 794 nel 2017;
=>
1.331 nel 2018.

L’Azienda in merito alle gestione delle ricadute rivenienti dal nuovo Piano 2018 prevede di attivare le seguenti misure agendo in due fasi e precisamente:
==> La prima fase, con attivazione, entro maggio, della procedura contrattuale e di legge della durata di 50 giorni, secondo l’azienda dovrebbe prevedere:
-> luscita obbligatoria degli aventi diritto a pensione fino al 31/12/2018 (le 2.383.circa di cui sopra);
-> la riduzione del costo medio pro capite attraverso: l’applicazione del solo CCNL e mancata applicazione delle previsioni del Contratto Integrativo, la razionalizzazione del cosiddetto welfare aziendale, dei premi d’ anzianità e delle prassi di gruppo, la piena fruizione di ferie, ex festività, banca ore ;
-> la flessibilità nell’organizzazione del lavoro: inquadramenti, mansioni, utilizzo a mansioni inferiori, mobilità territoriale e professionale finalizzati ad incrementare la produttività;
-> professionalità intesa come riconversione.

==> La seconda fase, secondo l’azienda, si concretizzerebbe nella seconda metà del 2015 con la verifica congiunta, tra Azienda e OO.SS, dell’efficacia degli strumenti messi in atto nella prima fase e la ricerca di altre possibili forme di incentivazione all’esodo che riguarderebbero gli ulteriori 2.700 FTE (Full time equivalent), nonché non meglio precisate ulteriori misure di natura collettiva.

In sintesi siamo di fronte ad un piano con
pesanti ricadute sul personale quanto a:
-> riduzione dell’occupazione;
-> attacco al salario in termini di azzeramento delle prassi faticosamente conquistate negli anni;
-> condizioni di lavoro;
-> flessibilità del lavoro e degli orari;
-> revisione dei contenuti professionali senza alcun riconoscimento della professionalità in termini di corretto inquadramento.

UniCredito agisce in perfetta coerenza e continuità con gli obiettivi che l’Associazione Bancaria Italiana (ABI) persegue in sede di rinnovo del Contratto Nazionale e che sono da respingere decisamente. I Lavoratori/trici di UniCredito rischiano di pagare due volte per le errate scelte dei vertici delle aziende di credito.

La Fisac/Cgil non intende sottrarsi al confronto, tuttavia gli obiettivi che , unitamente alle altre Organizzazioni Sindacali, intende perseguire e farà vivere nel corso della trattativa che si aprirà nei prossimi mesi sono:

-> creazione di nuova e stabile occupazione alle condizioni applicate a tutti gli altri Lavoratori e Lavoratrici: gli accordi precedenti sottoscritti in relazione alle uscite volontarie e incentivate prevedevano aliquote di assunzione e stabilizzazione di giovani;
-> riconoscimento dell’impegno profuso dai Lavoratori e dalle Lavoratrici attraverso l’erogazione del Premio Aziendale;
-> valorizzazione della professionalità attraverso un accordo sugli inquadramenti coerente con l’evoluzione dell’organizzazione del lavoro e il contenuto delle mansioni;
-> controllo rigoroso e verifiche dell’impatto delle riorganizzazioni;
-> difesa delle condizioni di lavoro;
-> fine delle pressioni commerciali;
-> lotta agli sprechi.

Milano, aprile 2014

La Segreteria Fisac/Cgil
Gruppo UniCredito

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