L’azienda ha respinto la proposta sindacale di sospendere il trasferimento dei lavoratori e delle lavoratrici in 2S Banca fintanto che non fosse raggiunto un accordo sulle ricadute.
Le scriventi organizzazioni sindacali hanno posto al centro del confronto di questi giorni la salvaguardia occupazionale, vista l’imminente e mai smentita vendita di 2S Banca ad un Gruppo Bancario Estero e inoltre:
-> il mantenimento dei poli esistenti per evitare fenomeni di mobilità territoriale;
-> la continuità dei trattamenti economici, normativi, previdenziali, assistenziali.
L’azienda non intende assumere alcun impegno circa il futuro occupazionale dei 374 lavoratori che verranno, per la prima volta dalla nascita di S3, espulsi dal Gruppo.
Anche dopo diversi approfondimenti, l’ipotesi che l’azienda ha avanzato per fronteggiare tensioni occupazionali, che dovessero verificarsi posteriormente alla vendita, non si scosta dall’iniziale posizione, ovvero:
-> riallocazione nelle aziende del Gruppo per coloro che al momento della vendita hanno maturato più di 25 anni di servizio (139 possibili coinvolti), purché siano stati esperiti tutti gli strumenti di legge ( Fondo Esuberi obbligatorio, etc.);
-> una sorta di sussidio di disoccupazione (da 6 a 12 mensilità), oltre ad un corso di formazione per riqualificazione professionale (destinato a non si sa bene quale occupazione nel mondo del lavoro), per chi ha maturato meno di 25 anni di servizio (235 possibili coinvolti).
Le scriventi OO.SS. giudicano inaccettabile la posizione aziendale e, perché la trattativa possa proseguire, ne hanno richiesto l’immediato ritiro; l’ipotesi non configura infatti un impianto di garanzie occupazionali, ma elargisce elemosina sotto forma di una sorta di ammortizzatori sociali a favore di lavoratrici e lavoratori di cui il Gruppo ha evidentemente deciso di liberarsi.
La proposta aziendale, di per sé offensiva, prefigura un’ipotesi di intervento su casi di eventuali tensioni occupazionali in antitesi con quanto sinora fatto nel settore: la scelta operata, con successo, sino ad oggi è stata quella di salvaguardare con diversi strumenti l’insieme dei lavoratori. L’idea aziendale richiama, invece, alla possibilità che i giovani debbano integralmente pagare il prezzo di eventuali crisi o ristrutturazioni, attraverso una sorta di “doppio regime” su una questione delicatissima quale è la salvaguardia del posto di lavoro.
A questo punto la nostra risposta non può essere che una sola:
la mobilitazione delle colleghe e dei colleghi di tutto il Gruppo
le cui modalità verranno definite e comunicate a breve, per conquistare un accordo che tuteli nell’immediato le lavoratrici e i lavoratori direttamente coinvolti e, per il futuro, i numerosi colleghi adibiti a tutte le attività che, di volta in volta e per ragioni spesso solo di mercato, non dovessero più essere considerate core business.
E’ indispensabile essere consapevoli che siamo di fronte ad un cambiamento di rotta: la logica del profitto e della riduzione dei costi rischia di prevalere nettamente rispetto alla logica di aggregazione che, fino a ieri, era alla base dell’identità di Gruppo.