In un incontro tenutosi in data odierna l’Azienda ci ha illustrato un suo progetto di telelavoro.
Si ripropone così l’immagine di UPA quale “laboratorio sperimentale di Gruppo”: difficile dire se esserne più preoccupati o più lieti.
Del telelavoro sono abbastanza bene identificabili i principali aspetti positivi e negativi. Sul primo versante: a parità di stipendio, si evitano i disagi del trasporto da e verso il luogo di lavoro e si recuperano spazi per relazioni famigliari più serene. Sul secondo versante: si devono affrontare alcuni disagi di ristrutturazione dello spazio abitativo, ma soprattutto si finisce con l’isolarsi dai colleghi, interrompendo un processo di condivisione di esperienze e di crescita comune i cui effetti sono noti.
Sinteticamente, il progetto aziendale è articolato secondo queste modalità: si darebbe vita ad un “pilota” di sei mesi che riguarderebbe un solo collega o due (l’area è quella degli Incassi e Pagamenti di Bologna e/o Verona ). I lavoratori coinvolti dovrebbero comunque essere presenti in azienda uno o due giorni ogni settimana. Al terzo mese si procederebbe ad una prima verifica da fare seguire, alla scadenza dei sei mesi, da una valutazione definitiva . Si tratterebbe in ogni caso di una scelta assolutamente volontaria e la proposta sarebbe rivolta a fasce di colleghi in situazioni particolari (ad esempio: lavoratori con disabilità, madri di bambini nei primi anni di vita, lavoratori pendolari particolarmente disagiati). La tipologia di lavoro interessata ed i problemi connessi sono oggetto di analisi di un “team di progetto” al lavoro da qualche tempo.
Nel Gruppo, il telelavoro riguarda per ora due soli colleghi (uno in Pioneer ed uno in E-Faber): troppo poco per esprimere giudizi.
Il Contratto del ‘99 disciplina alcuni aspetti del telelavoro. Ne richiamiamo i principali: dopo due anni è possibile chiedere il ripristino del lavoro con modalità tradizionali; è possibile modificare l’orario solo d’intesa tra azienda e lavoratore o lavoratrice interessati; esiste un obbligo preciso di reperibilità nelle fasce orarie giornaliere prestabilite; si devono concordare rientri periodici in azienda; la Società ha il diritto di effettuare, preavvertendole, visite nei locali adibiti al telelavoro; si devono concordare modalità per consentire la partecipazione alle assemblee; si deve istituire una bacheca elettronica per le comunicazioni sindacali; le postazioni, le attrezzature, la manutenzione, l’esercizio ed il ripristino dei locali in caso di risoluzione del rapporto di lavoro e di rientro definitivo sono a carico dell’Azienda; si applicano le previsioni della 626, pur tenendo conto della specificità della prestazione.
Da parte nostra abbiamo avanzato una serie di osservazioni e sollevato problemi ai quali l’illustrazione del progetto fattaci ieri non ha dato risposte. Chiediamo però che questi problemi vengano affrontati e risolti da subito, anche se la fase che si sta aprendo è di semplice sperimentazione.
Abbiamo così anzitutto chiesto di conoscere il progetto nei minimi dettagli per garantire continuità di diritti e di tutele sindacali anche quando la prestazione lavorativa viene svolta stando a casa. E’ fondamentale ottenere garanzie certe sul fatto che l’iniziativa risponda a problemi veri dei lavoratori con disabilità e non tenda invece ad emarginarli ulteriormente. E’ indispensabile avere garanzie sul fatto che ai responsabili che si troveranno a gestire una relazione “a distanza” con il lavoratore vengano fornite competenze reali per farlo. Bisognerà infine chiarire con quali strumenti l’Azienda intende gestire il controllo sulle ore di lavoro prestate. Lo stesso numero di colleghi coinvolti nella sperimentazione appare poi francamente troppo limitato perché si possa fare una valutazione convincente della sperimentazione.
Ci riserviamo dunque di esprimere un giudizio compiuto su questo “pilota” al termine della sperimentazione, pur preoccupati del fatto che mancano situazioni diverse con le quali confrontarsi.
Vogliamo però dire da subito che un suo eventuale consolidamento successivo deve necessariamente passare attraverso un accordo sindacale che affronti e sciolga tutti i nodi critici che abbiamo cominciato ad individuare e che, inevitabilmente, si presenteranno.