Unicredito, ‘New Europe’ e Sindacato

=>Alcune note informative

Il Gruppo Unicredito Italiano, è il primo Gruppo bancario in Italia per redditività, ROE, Cost/Income e il terzo per volumi intermediati.
Il Gruppo occupa
71000 ca. dipendenti di cui ca. 40000 in Italia, con 4621 filiali (3260 ca.in Italia).
Nel 2003 il Gruppo ha costituito in Italia 3 banche separate ed autonome per le attività di Retail, Corporate e Private Banking; mentre negli anni precedenti erano state scorporate in aziende appartenenti al Gruppo stesso le attività di Back Office e IT.
Il Gruppo Unicredito Italiano, oltre alle filiali ed uffici di rappresentanza sparsi in tutto il mondo in cui sono occupati lavoratori di 25 nazionalità, è presente nell’Europa Orientale in 8 paesi:
Polonia, Bulgaria, Rep.Ceca, Slovacchia, Turchia, Bosnia, Romania, Croazia a cui dobbiamo aggiungere Ucraina ed Azerbaigian – con un totale di 1355 sportelli ca. 29700 dipendenti ca. e 6 milioni di clienti.
Nella regione UCI è il gruppo bancario leader per redditività, numero di sportelli e il terzo per totale dell’attivo (dati al 31 dicembre 2003).

La Divisione New Europe che coordina l’attività in questi paesi, ha registrato
un utile netto per il 2003 di 427milioni d’Euro, pari a più del 20% del totale prodotto nel Gruppo, il 15,7% dei ricavi e prevede un ammontare d’investimenti di 2,6 miliardi d’Euro fino al 2006.
Il Gruppo è anche presente con 2 uffici di rappresentanza a Mosca e Budapest; inoltre la società prodotto d’Asset Management (Pioneer), la rete di vendita (Xelion) e di Leasing (Locat) hanno costituito società in alcuni dei paesi sopraindicati.

=> La politica di Unicredito Italiano nella New Europe

Si comincia a delineare la linea manageriale praticata dal Gruppo in quest’area che riveste un’importanza crescente nella strategia complessiva per i risultati economici ottenuti e soprattutto per quelli previsti ed attesi.
Voglio sottolineare due particolarità di comportamento di UCI: a differenza d’altri istituti in particolare americani, la funzione principale di amministratore (CEO) viene finora attribuita a manager locali; in secondo luogo ci sembra che venga assicurata una discreta attenzione nell’assegnare alle banche del Gruppo un ruolo importante nello sviluppo dell’economia nazionale e della finanza locale.
E’ evidente che la penetrazione in quest’area prosegue, aumenta e si precisa anche a seguito degli accordi economici bilaterali tra l’Italia e i governi locali.
Non sono da escludere prossime acquisizioni nella regione forse in Serbia, Turchia, Polonia, Romania, si parla anche di uno “sbarco” in Russia.
In questi anni le Banche dell’Est sono state oggetto di profonde riforme organizzative e di forti innovazioni tecnologiche, peraltro ancora in fase d’attuazione.
Rimandiamo più avanti le considerazioni di carattere sindacale.

=> La New Europe nel piano strategico 2004-2007

Recentemente Unicredito ha varato un nuovo piano strategico; vediamone i principale riflessi nella New Europe.
Il nuovo piano strategico, per quanto riguarda l’Europa Orientale, s’inquadra in una situazione che ha già scontato gli oneri del passato, in particolare nei crediti ad importanti industrie statali.
Rimangono certamente i problemi relativi ad economie in fase di sviluppo, spesso con notevoli mancanze nei sistemi legislativi in materia di protezione degli investitori o nel funzionamento delle autorità di vigilanza.
Gli analisti del Gruppo ritengono peraltro prossimo un ulteriore balzo in avanti dei risultati; infatti, a fronte di un aumento nominale del 37% del prodotto interno, prevedono un aumento del 64% dei prestiti e del 47% dei depositi con un forte incremento del credito al consumo, delle carte di credito, dei fondi pensioni e delle assicurazioni vita e una diminuzione dei rischi aziendali a causa dell’adesione all’Unione Europea.
Il piano assegna alla divisione New Europe l’obiettivo strategico di mantenere la leadership per redditività correlata al rischio, creazione di valore, cost/income e per patrimoni gestiti, all’interno di un’attività della gestione focalizzata sulla ricerca dell’efficienza e sul risk management e sull’incremento delle sinergie.
La prevista crescita dell’attività bancaria nell’area richiede, secondo il piano, di creare ed implementare uno dei primi esempi di sistema bancario retail cross border.
Questo significa che nel 2007 la Divisione New Europe sarà composta da un network (non l’attuale patchwork) di banche gemelle, diretto da una squadra di manager locali, guidato da una medesima visione strategica che fa leva su unici modelli di business e organizzativi, di prodotto e di processo, il tutto sotto una forte supervisione centrale da parte della Holding (New Europe Division).
Il network dovrà essere capace di adattarsi alle diverse culture, prassi, regole dei vari paesi e dovrà necessariamente trovare il giusto bilanciamento tra un modello “Mc Donald banking” e uno di banca fatta su misura “Boutique banking”per clientela particolare (affluent), intendendo con questo termine la tipologia di clientela in grado di produrre notevoli quote di risparmio.
All’interno di questa strategia globale, l’intervento si articolerà in modo diverso nei vari paesi per tenere conto delle diversità dei mercati e delle differenti posizioni di partenza.
In Polonia ed in Croazia l’obiettivo è di aumentare e/o conservare l’attuale alto livello di redditività e quota di mercato; negli altri paesi l’attenzione è rivolta ad aumentare la quota di mercato su segmenti di clientela selezionati.
Sarà comune anche il sistema di gestione del personale e della formazione; è previsto lo sviluppo d’esperienze d’incarichi cross-border, un forte ringiovanimento degli addetti, la creazione della New Europe Banking Academy per la formazione e crescita del middle management.
Sul piano organizzativo, in particolare in Banka Pekao, è previsto l’accentramento dei servizi di back-office e una razionalizzazione delle Sedi con conseguente riduzione degli addetti (800 ca. alla fine del 2004) e un’intensificazione di operazioni di outsourcing nel maneggio valori che interesserà circa 200 addetti.
Anche in Croazia è prevista una serie di ristrutturazioni che, temiamo, avranno ugualmente l’effetto di una riduzione del personale.
Il nuovo piano strategico presenta anche, per la prima volta, alcune previsioni che hanno e avranno nel futuro conseguenze importanti sul piano sindacale in modo trasversale tra le varie banche del Gruppo.
E’stata deliberata, infatti, la costituzione in Romania di una filiale di UPA (Uncredito Produzioni Accentrate) – la società di servizi che svolge tutte le attività di back-office in Italia (10 filiali e 2300 ca.dipendenti).
Ad UPA Romania (500 persone nel 2007) saranno trasferite attività di back-office dall’intero Gruppo.
Questa decisione, temiamo, produrrà la contrazione degli organici nel back-office in tutti i paesi: in Italia la previsione è di un calo di 200/300 ca. in 3 anni.
Ricordo, per inciso, che in Romania non risulta alcuna presenza del Sindacato nelle banche privatizzate.
Anche il settore IT sarà interessato a processi di riorganizzazione trasversali ai vari paesi attraverso l’adozione di una piattaforma tecnologica unica valida per tutte le banche.
Inoltre con lo scopo di localizzare le attività nei distretti “più convenienti” sotto il profilo dei costi, sarà costituita una nuova struttura organizzativa multinazionale-
International USIcon filiali in diversi paesi della Nuova Europa che occuperanno 500 persone ca. ed in cui sarà trasferito il 40% delle attività di Application Management (attività di programmazione), mentre le attività più propriamente riferire alla gestione dell’hardware saranno concentrate in Italia.
Le nuove ristrutturazioni annunciate in alcune banche, la delocalizzazione delle attività e la prevista riduzione di 3000 ca. addetti in Italia nei prossimi 3 anni sono certamente decisioni che impattano sulle condizioni di lavoro e che devono fare riflettere tutte le Organizzazioni Sindacali presenti nelle Banche del Gruppo.
Prossimamente comincerà la trattativa a livello di Gruppo: trattativa che riveste un’importanza centrale per tutto il settore bancario in Italia.

=> Problematiche sindacali

Le rilevanti ristrutturazioni, attuate o ancora in fase di completamento, hanno comportato enormi cambiamenti nell’organizzazione del lavoro e di conseguenza sui livelli occupazionali e sulle condizioni di lavoro.
Dai contatti avuti con i rappresentanti di diversi Sindacati delle Banche del Gruppo della New Europe si è potuto rilevare lo spessore delle trasformazioni avvenute e in via d’attuazione, in un contesto sociale ricco di contraddizioni, dove forti spinte al cambiamento verso l’integrazione ai modelli sociali e di vita della Vecchia Europa coesistono con condizioni economiche, di tutela sociale e di fruizione dei diritti dei lavoratori/trici e del Sindacato molto lontane da quelle assicurate in molti paesi dell’Europa Occidentale.
Significativo il caso della Bank Pekao, in cui il numero dei dipendenti è sceso vertiginosamente (meno 8500 in 4/5 anni) con un cost/income del 45% nel 2003 rispetto al 69% del 1999.
La politica di contenimento dei costi si è manifestata in un esteso ricorso all’outsourcing nei settori di supporto: sicurezza, spedizione, manutenzione/pulizie, real estate che occupavano migliaia di lavoratori.
Anche centinaia di lavoratori impiegati nelle filiali sono state interessate ai processi d’espulsione; ogni anno in Bank Pekao sono stati presentati piani di ridimensionamento del personale e il Sindacato ha potuto discutere solo le modalità d’uscita dal lavoro.
Anche se le prassi (severance) usate da Unicredito sono talvolta migliori di quelle applicate dalle altre aziende fuori e dentro il settore, i licenziamenti hanno un costo sociale particolarmente elevato, in quanto in molti paesi non esistono ammortizzatori sociali né pubblici né aziendali e spesso la stessa legislazione nazionale è assai carente in campo previdenziale e dei diritti dei lavoratori.
Si riscontrano, spesso, per i lavoratori d’età avanzata, difficoltà di riqualificazione, conseguente ai processi di specializzazione e segmentazione; così come la mobilità territoriale è o può diventare un problema rilevante per lo stato del sistema dei trasporti in alcuni paesi.
La dinamica salariale è per lo più legata all’andamento dell’inflazione e non sembra intercettare i consistenti aumenti di produttività e redditività registrati in questi anni di presenza di Unicredito.
In compenso è stato introdotto in maniera estesa il sistema premiante (MBO- Management by Objectives), mutuato dall’esperienza italiana che però nelle banche estere rischia di avere un effetto ancora più devastante sia in termini di condizioni di lavoro che di peso sull’ammontare del salario.
Da questo quadro estremamente sintetico si possono trarre alcune considerazioni di carattere generale.
Unicredito non si sottrae alla possibilità di “sfruttare” l’arretratezza delle condizioni sociali, legislative ed economiche in quest paesi per potere “creare valore” nelle diverse banche.
Sicuramente Unicredito, unitamente alle altre aziende estere, non è approdata nell’Europa Orientale per fare beneficenza, né può sostituirsi alle autorità statali di quei paesi; è certo però che l’ingresso nell’Unione Europea sarà foriero d’opportunità ma anche di contraddizioni sociali a cui i sindacati locali e quelli dei Gruppi esteri presenti dovranno dare risposte sempre più coordinate.

=> Il CAE (European Work Council): uno strumento indispensabile

Siamo in una situazione in cui, come abbiamo visto, si sta delineando una visione strategica da “impresa multinazionale” da parte del Gruppo Unicredito Italiano.
Certo non tutto è negativo in un approccio multinazionale: la creazione di una scuola di tecnica bancaria all’interno di Unicredito e un approccio uniforme ai sistemi di formazione e quindi di qualificazione del personale non sono elementi da sottovalutare, così come l’entità degli investimenti previsti è garanzia d’impegno e sostegno indiretto allo sviluppo economico dei paesi della New Europe.
Le prime iniziative di questa visione strategica globale si sono concretizzate principalmente nell’estensione dei modelli di segmentazione della clientela nell’approccio al mercato e del conseguente modello divisionale nella struttura organizzativa, l’esportazione di prodotti che, anche se calibrati sulla tipologia dei mercati locali, rivestono un’impronta unica, l’esportazione del sistema incentivante ecc..
Il passo successivo sarà caratterizzato dall’attuazione di sinergie nei processi produttivi.
Non dobbiamo sottovalutare la scelta di delocalizzare in Romania, paese con i salari più bassi e condizioni fiscali e giuridiche più favorevoli, parte delle attività di back-office del Gruppo.
Questa scelta rappresenta da parte aziendale una svolta strategica: assisteremo ad un’accelerazione nei processi d’accentramento di servizi, si potrà scegliere di volta in volta dove collocare le diverse lavorazioni sfruttando le migliori (per il Gruppo) condizioni (salari più bassi, minori tutele, minore condizionamento sindacale ecc.); sarà possibile creare una nuova società in uno Stato e nello stesso tempo licenziare in un altro Stato i lavoratori diventati un esubero a causa dello stesso processo di delocalizzazione.
Le Organizzazioni Sindacali del Gruppo Unicredito in Europa, dobbiamo riconoscerlo, sono indietro nella costruzione di una visione strategia complessiva; siamo ancora in una fase in cui si ha difficoltà a prendere contatti, a scambiare la documentazione, insomma ad organizzarci.
Comunque stiamo facendo passi avanti: abbiamo predisposto un questionario con lo scopo di permettere una conoscenza comune su alcuni temi: livelli di negoziazione, ruolo del Sindacato, argomenti oggetto di confronto con la controparte, sistema previdenziale, indennità di licenziamento, prossime ristrutturazioni.
Il seminario di questi giorni ha permesso di conoscerci meglio, di approfondire la conoscenza reciproca, di prendere alcune prime decisioni comuni.
Credo che la prima cosa da fare sia di mettere nell’agenda di lavoro come priorità l’assunzione di una visione globale nell’affrontare i problemi dei lavoratori del Gruppo; di conseguenza i Sindacati dei vari paesi dovranno avere la capacità di coordinarsi per preparare una base di discussione comune che sfoci nel più breve tempo possibile nella predisposizione di una lettera d’intenti, passo propedeutico alla richiesta di costituzione del CAE (European Work Council).
Sappiamo che non sarà facile: la situazione dell’unità sindacale in alcuni paesi palesa diversi problemi; i CAE (EWC) nei Gruppi di proprietà di banche italiane o sono falliti o non decollano, anche per un atteggiamento ostruzionistico da parte delle Aziende.
Non dobbiamo quindi pensare che troveremo le porte aperte.
Dobbiamo però sapere che è urgente fare qualche passo in avanti.
La stessa Direzione di Unicredito si aspetta un’iniziativa da parte nostra e si sta preparando.
La Fisac si è mossa per tempo nell’intrecciare relazioni con i sindacati degli altri paesi; ora si farà promotrice di una forte azione nei confronti delle altre Organizzazioni italiane per addivenire in tempi brevi ad una posizione comune.
Speriamo di trovare analoga attenzione da parte degli altri sindacati, ma credo oramai sia chiaro anche per noi italiani che esistono problemi che riguardano non sono solo gli amici di oltre frontiera, ma, sia pure con diverse intensità, tutti i lavoratori del Gruppo.
Una delle difficoltà maggiori nella costituzione di un EWC veramente rappresentativo è data dal fatto che alcune Aziende non potranno esservi rappresentate a pieno titolo, in quanto i loro Stati non fanno ancora parte dell’U.E., questo non ci deve impedire di lavorare insieme già da ora, e lo stiamo facendo; va in questo senso la partecipazione ai nostri lavori degli amici bulgari del F.T.U.F.S.
Chiederemo che i Sindacati dei paesi non ancora entrati nella U.E. partecipino in qualità di osservatori nel futuro CAE, previsione peraltro già presente nel regolamento di diversi CAE.
Troveremo anche altre difficoltà derivanti dalle differenti previsioni di legge in molte materie d’ordine sociale, dalle storie d’ogni paese, dalla natura diversa delle organizzazioni sindacali.
Credo che non si possa chiedere ad un’impresa privata di avere un ruolo istituzionale di uno Stato, però sono convinto che Unicredito possa anzi debba fare molto per migliorare concretamente le condizioni dei propri dipendenti nella New Europe.
Noi dobbiamo lavorare in questa direzione.
E’ proprio impensabile che i Sindacati lavorino insieme per costruire una richiesta minima di diritti e garanzie comuni, distintiva del Gruppo?
Alcuni esempi? La definizione di una rete di diritti individuali, la creazione di una protezione pensionistica aziendale, pure nel rispetto dell’autonomia d’ogni singola Azienda nella definizione delle quantità; oppure l’estensione del diritto d’informazione e consultazione del Sindacato nei processi di ristrutturazione.
Sono solo alcuni esempi che però, a mio avviso, danno il segno della strada su cui incamminarci.
Tra l’altro quest’anno Unicredito attuerà anche nelle banche della New Europe alcune iniziative rivolte ai lavoratori di “employee satisfaction”.
Si tratta di “ascoltare” e misurare il grado di soddisfazione dei lavoratori in merito al proprio lavoro, è una rilevazione, già avviata da due anni presso le aziende italiane del Gruppo e generalmente fatta per gruppi di lavoratori ed attraverso un questionario anonimo distribuito a tutti i dipendenti.
I sindacati devono chiedere, seguendo l’esempio italiano, di conoscere la metodologia, i risultati finali della ricerca e le conseguenti iniziative che le singole banche intraprenderanno a seguito della ricerca stessa.
Questa iniziativa rientra nella più vasta pratica della Responsabilità Sociale d’Impresa che viene di continuo propagandata come asset da parte del Management del Gruppo.
Rispetto dei diritti del lavoratore, inteso come stakeholder, delle sue condizioni di lavoro, sociali, ambientali, delle sue tutele sindacali sono la base per parificarne gli interessi a quelli degli altri stakeholders (azionisti, clienti, comunità locali).
Ebbene, pur non volendo sovrapporre l’aspetto sindacale a quello della RSI, non possiamo non porre l’accento sull’arretratezza nelle banche della New Europe rispetto alla situazione italiana in tema di diritti, di condizioni di lavoro, di facoltà di intervento assegnato al sindacato.
Credo un’azienda che voglia essere socialmente responsabile deve esserlo a Milano come a Varsavia, a Bucarest come a Sofia.
Noi dobbiamo denunciare con forza la disparità di comportamento praticata da Unicredito nelle diverse Banche in termini di diritti e di relazioni industriali.
Spesso si afferma che una singola banca estera non può incidere sulle scelte dell’associazione datoriale nazionale o del Ministero del Lavoro, ma noi sappiamo che le banche estere si fanno concorrenza sul mercato, ma per quanto riguarda gli aspetti sociali e sindacali si sentono, si consultano.
Ebbene, i CAE nei paesi dell’Est Europa devono creare una massa critica per pesare nelle decisioni sociali e di settore.
Per me, per noi sindacati del Gruppo Unicredito Italiano è stato di grande insegnamento la relazione svolta questa mattina dagli amici belgi del Gruppo KBC, penso quindi che sarebbe utile svolgere un monitoraggio continuo ed attuare scambi di esperienze tra le Organizzazioni Sindacali dei grandi gruppi europei in merito alla costituzione dei CAE, al loro funzionamento e alle problematiche relative all’ingresso delle banche dei paesi della New Europe.

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