Un finale assai poco glorioso, che i lavoratori e le lavoratrici del Banco di Sicilia – un istituto anzi meglio una istituzione – di credito con secoli di Storia alle spalle- davvero non si meritavano, dopo tanti anni “di onesta professione”. Ma tant’è: ora siamo moderni, anzi post-moderni, e i nuovi piccoli e grandi manager del Banco di Sicilia “ -nel trapasso epocale e vertiginoso dal vecchio “Bancu”, forse un po’ troppo “burocratico” e “paternalistico”, a un grande gruppo bancario globale e multiculturale- devono aver smarrito il senso dei cosidetti “fondamentali”, almeno in materia di quelle che ancora vanno sotto il nome di “relazioni umane”.
I fatti sono noti ma vale la pena di ricordarne, un po’ più “a freddo”, trascorsi alcuni giorni, i tratti essenziali. Tra gli accordi post-fusione, la “filiale storica” del Banco di Sicilia (insieme a quelle di Torino e Roma) restano aggregate sul piano organizzativo alla Direzione Commerciale di Palermo. L’attuale organico (19 dipendenti) è eccedente rispetto ai nuovi assetti e alla nuova operatività: a Milano sono previsti 12 elementi in luogo degli attuali 19. Il dirigente responsabili della Direzione commerciale Palermo e il direttore commerciale di zona, dopo lunga attesa-forse per alimentare la “suspance”- si sono infine recati a Milano in “missione speciale”. Hanno stretto le mani a tutti, hanno dispensato sorrisi, ma si sono guardati bene dal parlare, se non con poche eccezioni, con le 19 persone in carne e ossa. Del resto, cosa potevano conoscere dei 19 colleghi, a parte le sintetiche (anzi sommarie) e lacunose “schede personali”, magari integrate con qualche appunto a margine del precedente “Gestore risorse”? In compenso, dopo le strette di mano e i sorrisi di cui sopra, quello stesso giorno convocavano altri colleghi assegnati a filali BdS di Milano città e hinterland per colloqui in cui non venivano fatte proposte precise ma piuttosto “si sondava” la disponibilità a restare nella “grande famiglia” del Banco. Tutto questo, piccolo particolare, senza che nessuno del mondo Unicredit (che è pur sempre la capogruppo…), e in particolare i direttori territoriali di Unicredit Banca (cui già facevano riferimento operativo le persone convocate), fosse stato informato di nulla…Ma accade poi, sicuramente con grande sorpresa di questi “manager”, che alcuni di quei colleghi non restino proprio lusingati dalla prospettiva di restare al “nuovo Banco di Sicilia”…
Colpo di scena! Il lunedi successivo (il fatidico 3 novembre) sia i “colloquiati” che gli altri colleghi della filiale 100 scoprono dalla loro nuova matricola e da una lettera inviata per mail (senza che nessuno, a cominciare dal loro Direttore di Filiale si fosse degnato di dire loro alcunché… ) a quale banca appartengono…
Insomma , se queste sono le modalità con cui il “nuovo Banco” agisce (almeno a Milano…), vuol dire che è proprio il senso di quella “famiglia” -che nel bene e nel male per tanto tempo il vecchio “Banco” ha rappresentato – ad essersi perso (di norma nella famiglia “ci si parla”, si cerca di chiarire le incomprensioni e di risolvere i problemi, non si “scaricano” i collaboratori senza una parola, dall’oggi al domani…!)
Ma non è finita qui!…Infatti, dal 3 novembre sino a venerdì 7 (cioè nella prima settimana del passaggio anche giuridico del vecchio Banco continentale ad Unicredit) accade poi ancora che ad altri colleghi -senza praticamente preavviso – viene imposto di andare a infoltire i ranghi (ancora sguarniti rispetto al previsto) della filiale 100, o vengono richiamati indietro (tra l’altro “a voce” e senza comunicazioni formali) di nuovo “in prestito” da altre precedenti assegnazioni nel gruppo Unicredit; ad altri invece viene detto che resteranno “in prestito” al Bds sino a una data non meglio precisata…
Insomma, eravamo stati abituati negli ultimi anni della gestione Banco di Sicilia all’improvvisazione organizzativa, ma mai si erano raggiunti livelli così grotteschi e offensivi per le persone…
Un brutto finale, che purtroppo ci fa preoccupare anche per il futuro professionale dei colleghi che hanno deciso (spontaneamente e spesso per motivi “affettivi”) di restare al Banco …non vorremmo che facessero la fine della protagonista del film “Mi piace lavorare”: e cioè che perdano -ennesime vittime sacrificali sull’altare di fusioni, cambi di management e riorganizzazioni continue- non solo quello che una volta si chiamava “attaccamento all’Istituto”, ma quella cosa ancora più essenziale e vitale per ciascun individuo, ovvero la “voglia di lavorare”…
Ci auguriamo che qualcuno dia un segno rispetto a questo andazzo…noi comunque continueremo a vigilare, anche perché, a differenza dei manager palermitani, parliamo ogni giorno con queste colleghe e colleghi, professionisti del mondo del credito che non si accontentano più di sorrisi e strette di mano di circostanza…
Milano, 14 novembre 2008
La Segreteria