Tra palco e realtà……….

Così, qualche anno fa, intitolava una canzone Ligabue, e così ci sembra possa essere descritta la situazione che stiamo vivendo, da circa un anno a questa parte, fatta di “rappresentazioni” che spesso poco hanno a che vedere con la realtà.

Realtà, ormai sotto gli occhi di tutti, fatta di un continuo e costante “impoverimento aziendale”, tra i pochi obiettivi realizzati dalla direzione di questa area.

A conferma di ciò basta vedere il numero di coloro che hanno aderito all’esodo incentivato di questi giorni, il più alto, in percentuale, di ogni altra area d’Italia, o quello di coloro che si sono licenziati per altre banche ( fenomeno che sicuramente si accentua durante i momenti di grande cambiamento, ma che crediamo non nella stessa misura che sta vivendo questo territorio ).

Ciò è il frutto di quanto seminato nel corso di questo periodo, creando l’esatto inverso di un ambiente di lavoro civile e produttivo.

Abbiamo cominciato con il sentirci dire che non raggiungevamo i risultati per colpa dei “tanti lavativi” che vi sono tra noi e che avevamo direttori di filiale in generale “grigi e spenti” ( probabilmente anche perché nelle loro vene non scorreva sangue bipop ), e questo a prescindere dalla storia di ognuno ( fatta, lo ricordiamo per inciso, anche di raggiungimento di risultati di eccellenza che, evidentemente, agli occhi di questa direzione non contavano più niente ). Nulla veniva poi detto sul fatto che forse, in precedenza, si erano voluti assegnare obiettivi di budget sicuramente molto ambiziosi, in alcuni casi anche con evidenti sperequazioni tra una filiale e l’altra, e, come tali, difficili da raggiungere.
Siamo passati poi alla richiesta di andare oltre i regolamenti aziendali ( descritti come appesantimenti burocratici e da noi, chiaramente, utilizzati come scusa per non fare ciò che invece avremmo dovuto ) al motto di “tutti fuori a suonare i campanelli” ( salvo poi accompagnare questi pressanti inviti con l’introduzione di schede e planning, in continua e costante evoluzione ed in spregio a tutti i prodotti informatici in essere, su cui annotare manualmente e giornalmente, ciò che si fa, evidentemente a conferma della palese fiducia nell’operato di ognuno ed in coerenza con la volontà di sburocratizzare il ns. quotidiano ).
E’ arrivata poi la “caccia” al capo operativo ( cosa non accaduta nelle altre aree ), improvvisamente inutile e colpevole, nella rappresentazione che ne è stata fatta, di aver svolto, crediamo a questo punto non più in ossequio ad una precisa direttiva aziendale, un “compito ormai protetto solo dal WWF”. Abbiamo così ora casi di evidente demansionamento, opponibili legalmente con tutto ciò che ne consegue.

Il tutto condito da una mobilità, diventata ormai quotidiana, che ha coinvolto, secondo le scarse e tardive segnalazione che l’azienda ci fornisce, ad oggi, circa il 40% dei colleghi tutti ( ed il dato è sicuramente approssimato per difetto ), sia per trasferimenti effettivi che per cambi di ruolo. Mobilità che ha creato disorientamento in primis proprio tra la clientela, in particolare in quelle realtà che hanno visto cambiare il personale, in modo quasi totale, in brevissimo tempo. Mobilità usata poi anche in maniera impropria, con il preciso scopo di intimorire ( si veda al riguardo il trasferimento dei personal, non in linea con i risultati, o quello dei sindacalisti, monito all’intera categoria che aveva osato criticare ). Per concludere con le pressioni sui part-time per il loro rientro a tempo pieno.

Dobbiamo scrivere anche delle tante parole, ascoltate in questo periodo. Abbiamo sentito parlare, ad esempio, di riconoscimento verso i più meritevoli, ed abbiamo poi visto un direttore di filiale, a Firenze, tra i pochi ad essere a budget, spostato all’improvviso solo per poter far posto ad un nuovo venuto, che poi, dopo solo 2 mesi dall’insediamento ha ritenuto di ritornare da dove era arrivato riportandosi indietro i suoi clienti e lasciando a noi gli oneri relativi. Abbiamo ascoltato scaricare sui colleghi “l’incapacità di difendere” sulla continua azione di ns. ex colleghi che l’azienda, per prima, non è riuscita a trattenere. Abbiamo visto colleghi cambiare ruolo e mansioni, obbligati a reinventarsi quasi per magia dalla mattina alla sera, senza alcuna formazione. Abbiamo ascoltato richieste di risultati a prescindere da situazioni e contesti operativi, quasi che questi fossero solo possibili scuse, e non reali quotidiane difficoltà.
Abbiamo ascoltato riunioni nelle quali ci siamo sentiti del tutto inadeguati o umiliati per la continua rappresentazione delle ns. difficoltà, nei confronti delle quali abbiamo ricevuto come unica soluzione quella di farcene carico da soli, lavorando sempre più. Abbiamo ricevuto inviti per feste alle quali, al di là del piacere di poter rincontrare colleghi che non vedevamo da tempo, ci siamo sentiti obbligati a partecipare.

Queste in sintesi le ragioni della nostra insoddisfazione, che ci hanno portato a decidere di aprire lo stato di mobilitazione nell’area, insieme a tutte le altre OO.SS. presenti.

Ci ha fatto piacere leggere, a conferma di quanto pensiamo, in un saggio del Prof. Robert Sutton, professore di scienza dell’ingegneria gestionale presso l’Università di Stanford, l’affermazione che “il comportamento aggressivo e umiliante demotiva i lavoratori, sgretola l’affiatamento di gruppo, causa aumento del turn-over e dell’assenteismo, provoca infine per l’azienda stessa più danni dei possibili benefici che il raggiungimento di obiettivi, in questo contesto, possano creare”. Il libro si intitola “Il metodo antistronzi” e ne consigliamo la lettura a tutti.

RSA FISAC CGIL AREA CENTRO NORD

29 Ottobre 2007

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